lunedì 23 aprile 2012

Ultimo capitolo

Leopardi in fin di voce

Bisogna rassegnarsi. Si tratta di mettere C.B. da una parte e tutto il Novecento dall'altra. Che cazzo ha fatto tutto questo industrioso esercito? Chi è andato di là? Chi è andato di fuori? Può essere Lacan, Bacon, sicuramente C.B.
Non Dalì, che è straordinario ma non al di là dello straordinario.
Non voglio riconoscimenti nè monumenti.
Non voglio nulla. Potrebbe seccarmi, semmai, se non fossi prossimo a sorellina morte, questo misconoscimento, questo fingere d'occuparsi d'altro. Non è lo Stato che deve conferirmi questa croce d'onore. I cristi non hanno la croce d'onore.
 Ecco la vita strafottuta. Misconosciuta. Non è che qualcuno se lo attenda dagli altri. Non sono loro a misconoscermi, sono io che li destino alla misconoscenza. Dice Joao Monteiro nella chiusa de La commedia di Dio: "Non siete voi che mi cacciate, sono io che vi condanno a rimanere".
Non lo dico, attenzione, come nostalgia di qualcosa che mi manchi o che mi venga meno da parte loro. Per carità, non alimentiamo l'equivoco che io esiga che il mondo si sdebiti con me. In quanto mi misconoscono, si misconoscono.
Lo dico a loro discapito. Essi sono nel mondano. Di merda. Fottuti cercatori di merda. Universale. E' una grande scorreggia di Dio. E' un tuono. Un terremoto. Calunniano se stessi, misconoscendomi.
Non è che io mi stia qui a mortificare. Altro che rimpianto! Non rimpiango un cazzo! Anche perchè mi basta dirmelo da me che sono il misfatto più scabroso del Novecento. Me lo dico e me lo ripeto: io sono l'infinito della loro disattenzione.
Mi disdico, non mi assecondo, semmai mi contraddico. Col tempo di Aloysius non ho tempo da perdere. Dal momento che tutto è perduto. So d'essere il più grande attore (da os, da cavità orale). Tutto nasce da una coltivazione golosa dei propri difetti. Io nella vita balbetto, ma se ti togli di mezzo non c'è impuntatura. Tutto diventa incanto che scorre. "Io ero come un uomo all'altra riva/d'una fiumana che vede le cose di là dall'acqua/e tra mezzo passare/vede l'acqua che passa eternamente". D'Annunzio. La sola cosa che resta è quanto eternamente passa e fugge, Quevedo. "Stanno le bianche statue a capo i ponti/volte e le cose già non sono più", Campana.
L'handicap come risorsa. Sin da bambino ero inquietato. Come facesse Tito Schipa, senza voce, a cantare come un angelo.


I santi hanno anch'essi il viziaccio di fornicare con il prossimo. Non possono fare a meno del vicinato, perciò li fanno santi. Anche il Robinson Crusoe di Tournier, a garanzia di solitudine, si porta dietro un milione di persone nell'isola, al contrario di quello di Defoe.
Il santo non rinuncia al sociale.
Ne è contagiato.
Salvo l'orgasmo dei grandi mistici.
Ma, al momento dell'estasi, essi non sono in casa, quindi non te lo sapranno mai raccontare. Sono i primi loro a non saperne nulla. Il santo sta all'artista come l'utopia alla storia. Cestinare...
Ecco, questa è la favola del misconoscimento. E' dannazione per loro. E' irrisorio per me. Non si può lavorare e pretendere di lavorare in pace. Noi non siamo nè guerra nè pace. Non siamo. E' il lavorìo di qualcuno che non c'è. A questa tavola vuota c'è nessuno da ospitare.
A questo ghiottissimo digiuno. Il Novecento di Aloysius Lilius!
Secolo a cui è precluso l'immediato. Brulicante delle cavie Heidegger-Boris Karloff dell'Essere.
La voce, ch'altro il cielo, ahi, mi togliea. La voce che non dice! (senza Schopenhauer, Freud a Ginevra non avrebbe mai potuto dire e stupire che i morti precedono i vivi, che l'uomo vuole l'infelicità e l'inorganico).
Non hanno mai affrontata, questi ergastolani del misconoscimento, la questione del corpo, che siamo e non abbiamo. La chiesa ci promette la resurrezione della carne. Senza nessuno svago islamico d'altrove. Un eterno marcire d'eterno. Questa braciola malaticcia imbiancata da chissà... Da queste nuvole che dall'aereo volano così basse, come se traforate dai cipressi neri dei camposanti.
Non siete voi che mi cacciate, sono io che vi condanno a rimanere.