giovedì 21 giugno 2012

[Eduardo notturno]

..io, per esempio, non mi sogno mai niente. ‘A sera mi corico stanco che Iddio lo sa… Ragazzo, sì. Quando ero ragazzo mi facevo un sacco di sogni… Ma sogni belli… Certi sogni che mi facevano svegliare cosi contento, che mi veniva la voglia di uscire, di lavorare. Certe volte mi facevo dei sogni talmente belli che mi parevano spettacoli di operetta di teatro… e quando mi svegliavo, facevo tutto il possibile di addormentarmi un’altra volta per vedere se era possibile di sognarmi il seguito. Ma allora la vita era un’altra cosa. Era, diciamo, tutto più facile; e la gente era pura, genuina. Uno si sentiva la coscienza a posto perché anche se un amico ti dava un consiglio, tu l’accettavi con piacere. Non c’era, come fosse, la malafede. Mo’ si sono imbrogliate le lingue. Ecco che la notte ti fai la fetenzia dei sogni..

Teoria dei giochi e cooperazione fra studenti

Intervista a John Nash
di P.Odifreddi

Un libro di Sylvia Nasar (Rizzoli, 1999) e un film di Ron Howard, entrambi intitolati A beautiful mind e di grande successo, hanno raccontato la strana storia di John Nash, il genio che ha legato il suo nome a unaserie di risultati ottenuti nel giro di una decina d'anni e pubblicati in una decina di articoli, recentemente raccolti da Harold Kuhn e Sylvia Nasar in The essential John Nash (Princeton, 2002), un paio dei quali gli sono valsi il premio Nobel per l'economia nel 1994. E' una tragica ironia del destino che un uomo che ha vissuto venticinque anni da squilibrato, soffrendo di schizofrenia paranoide e credendosi l'Imperatore dell'Antartide e il Messia, sia passato alla storia per aver introdotto la nozione di equilibrio oggi universalmente usata nella teoria dei giochi: di un comportamento, cioè, che non può essere migliorato con azioni unilaterali, nel senso che lo si sarebbe tenuto anche avendo saputo in anticipo il comportamento dell'avversario. Grazie agli uffici del comune amico Kuhn abbiamo potuto passare il pomeriggio del 13 ottobre 2003 con questa "mente meravigliosa", parlando a ruota libera di matematica e pazzia e ripercorrendo alcune tappe della sua singolare vicenda scientifica e umana.

La sua autobiografia per la Fondazione Nobel incomincia con una strana frase: "la mia esistenza come individuo legalmente riconosciuto è iniziata il 13 giugno 1928".
Non ricordo perchè ho detto così allora: quando scrivo cerco di essere spontaneo e senza costrizioni, e le cose escono diverse a seconda delle volte. Ma il concetto di inizio varia: ad esempio, in Cina si misura dal momento del concepimento. In Occidente invece una persona non esiste legalmente fino a che non è nata. In certi ambienti c'è un analogo problema

giovedì 14 giugno 2012

marginal skizo


Prego pe frat' mì ca 'a Maronn l'accumpagna
'ngopp 'a giusta via primma che 'o riavlo s'e magna,
chi ancor mo cerca 'a luce aret' 'o buco 'e na persiana,
chi ancora trov' fiducia pe na birra e a canna mmano.
Troppi frat' miezz' 'a via cu a speranza 'e na fatica,
quando te scit' a matina e pienz' che a vita fa schif',
ogni juorne è tale e quale quando 'o pass' aret' 'e cell',
pe' ogni frat' ca nun molla dint 'o futur' sta l'infern' e nun esser' trist'
si alla fine 'o meglie 'e nuje pò vola nciel',
tombe bianche 'e cimiter', a vita nun è comm o' Vangel,
nata mamma ca mo chiagne pecchè 'o figlio nun s'arrepiglia,
a preferit' 'o nire e 'a morte e se cunsola cu na pera.
Allucca ro balcone, va me piglie 'e sigarette,
fa 'o piacere a chi nun scenne pecchè è a llibertà ristretta,
pecchè 'a vita l'a costrett' a puntà o' fierr' ed aprì 'a cassa,
pecchè 'a vita mette 'e strette e cchiù vaje annanze e chiù te scass'.
Chiove forte e nun tengo colpe,
ogni rimorso brucia 'nguorpo,
p' mò chiagne 'e bagno 'o volto,
tutt'o riest' gira stuorto, e nun è over',
ca aroppe che chiove l'arcobaleno
solleva 'o bbene', e mette tutte e ccos o' post' suoj.
'A speranza è l'ultima cche mmore, ma spisse è 'a primme che t'abbandona,
miezzo 'o grigg' e stu stradon',
ma addò sta ll'ammore, l'agg lett' 'int 'e poesie,
ma spisse è n'eresia che fa male 'e po te manna 'a fore.

martedì 12 giugno 2012

CinemaSommerso

Tonino era piccolo quando andarono via dalle baracche di Poggioreale. Era il penultimo di sei fratelli, cinque maschi e una femmina. Suo padre all’epoca portava l’acqua minerale a Ischia con il camion. Sua madre era una casalinga. All’inizio degli anni Sessanta la famiglia si trasferì al rione Ises di via Monterosa. L’adolescenza l’aveva trascorsa in mezzo alle terre di Scampia. Tonino aveva studiato fino al primo anno di tornitore nella scuola professionale Meucci, alla calata Capodichino, poi andò a lavorare. Il mestiere riuscivi a rubarlo osservando il mastro. Gli stavi vicino e imparavi per atto pratico. A furia di guardare, Tonino aveva imparato il mestiere di muratore. Il mobilificio Gorgone intanto aveva lasciato il posto al Bingo. Con il passare del tempo Tonino si accorse di essere allergico alla polvere. In primavera il naso gli colava una continuazione, gli occhi si arrossavano, si sentiva debole. Per questa ragione smise di esercitare il mestiere. I fastidi sembravano attenuarsi a lungo andare. Fu grazie al cognato che si ritrovò nel commercio di videocassette. Si trattava di Vhs originali, le rese delle edicole che rimandavano indietro a Milano. Da lì, chissà per quale via, venivano stoccate all’ingrosso da gente di Napoli. E da questa gente Tonino e il cognato andavano ad attingere. Una cassetta che costava all’origine diciannovemila e novecento lire la pagavano tremila, e si poteva vendere benissimo a cinquemila. Il cognato di Tonino le vendeva nei mercatini. Il lunedì a Don Guanella, il martedì a Berlingieri, il giovedì a Posillipo, il venerdi a Casoria. E un giorno il cognato di Tonino gli propose di mettersi con lui e di spartire il ricavato, ma presto si resero conto che la giornata non usciva per entrambi. Allora Tonino si mise a vendere videocassette nei mercatini per conto suo. A quell’epoca i dvd non erano ancora in circolazione. Si trattò di una casualità, Tonino non lo potrà mai scordare. Un giorno stava andando al mercato a Posillipo, ma c’era il blocco delle automobili. Parcheggiata la macchina in piazza Dante, andò a mettere la bancarella nei pressi di via Cisterna dell’olio. Consapevole di aver perso la giornata di guadagno, trovò un po’ di spazio che sembrava calzare a pennello per la sua bancarella. Neanche il tempo di piazzarla, e vide avvicinarsi molta gente interessata alla sua mercanzia. Non erano i neofiti che si accontentavano dei filmetti di Bud Spencer, Karate Kid, Renato Pozzetto. Sulla bancarella di Tonino trovavi i film d’autore, quelli impegnativi. Ciò che riuscì a vendere in quella mezza giornata non l’avrebbe venduto in dieci mercatini messi insieme. La gente gli chiedeva di tornare l’indomani e lui non sapeva cosa dire, perché sarebbe dovuto andare al mercato a Casoria. Eppure, in mezza giornata aveva venduto quasi tutto il materiale. Sarebbe stato un pazzo se il giorno dopo fosse andato altrove a vendere. Da quel giorno Tonino decise di restare lì con la bancarella, all’angolo di piazza del Gesù. Poco dopo i dvd avrebbero preso il sopravvento sulle videocassette. Passavano gli anni. La bancarella di Tonino diventò un punto di ritrovo per collezionisti, studenti, appassionati cinefili, ma per lui erano tutti professori, o almeno così li chiamava. Tonino iniziava a interessarsi ai film della sua clientela. Quando tornava a casa la sera, aspettava che i suoi quattro figli piccoli andassero a coricarsi dopo aver visto i cartoni animati, e si sedeva sul divano a guardare quei film. Come Il tempo dei gitani di Kusturica. Due ore e mezza di pellicola sulle vite di questi zingari, le usanze, la musica dei funerali e delle feste, quello che prende i soldi dal morto e fugge via… Per Tonino fu una scoperta. Guardava i film di Ken Loach, Riff Raff, Piovono pietre, e si ritrovava a riflettere: «Guarda a questo! Eppure sta di casa da un’altra parte, sa i problemi nostri e li sta mettendo sulla pellicola! Ma allora tutti quanti abbiamo gli stessi problemi?». Cominciò ad appassionarsi, Tonino. Andava a leggere le recensioni dei critici tromboni, ma la sua passione era alimentata piuttosto dalle discussioni con i clienti intorno alla sua bancarella. Restavano per ore a parlare di attori e registi, tiravano fuori le frasi cult, come quella di Casablanca, quando Humphrey Bogart dice al nero mentre stanno al bar: “Provaci ancora Sam!”. Una sera, mentre stava cenando, Tonino provò a vedere Salò e le 120 giornate di Sodoma. Ma forse aveva scelto il momento sbagliato. Il materiale andava a prenderlo alla Duchesca. C’erano bancarelle piene di film gettati alla rinfusa, e dovevi essere bravo a capire qual’era il titolo buono, perché se mettevi Pierino sulla bancarella al Gesù non ne avresti venduto neanche uno. Invece se portavi un Bergman, un Buster Keaton, un Herzog di sicuro li avrebbero comprati. Era benvoluto dagli altri commercianti, le bancarelle facevano attrazione. E i commercianti del posto rimpiangono quel periodo, perché poi tutti se ne sono dovuti andare, compreso Tonino e la sua bancarella di film. Da quelle parti andò ad abitare il generale Sementa. I vigili iniziarono a intimorire i bancarellari, finché non furono costretti ad andarsene con le buone o con le cattive. Tonino provò a resistere un po’ più degli altri perché con quello campava i suoi figli. Ormai aveva una clientela, erano trascorsi dieci anni. Ma il generale non voleva che fosse occupato quel suolo pubblico. Neanche con la licenza. Proposero ai bancarellari un posto dietro ai Banchi Nuovi, in una piazzetta, ma là non c’era una via di passaggio, e i clienti conquistati in dieci anni Tonino li avrebbe persi in dieci minuti. Gli sequestrarono il materiale tre volte dicendogli che era falso. Insieme agli altri ambulanti portò delle proposte al comune, ma niente, non ci fu verso. Avevano deciso che le bancarelle si dovevano togliere da mezzo, e a un certo punto Tonino ci rinunciò, anche per via dei verbali, perché lavorava per scontare i debiti e non ne valeva più la pena. Così pensò di aprirsi un negozietto in via Capitelli, nei paraggi del Gesù, lo chiamò Miseria e nobiltà di Tonino divvuddì, come lo chiamavano tutti. In tal modo riuscì a risolvere i problemi con i vigili ma sorsero i problemi con le tasse, il pigione. La gente di passaggio non si addentrava nel vico e dopo otto mesi chiuse bottega. Arrivava la bolletta dell’acqua, la spazzatura. Inoltre, il computer e l’era digitale avevano preso il sopravvento sulle videocassette e i dvd. A Tonino non restò altro da fare. Pensò di andare al mercato a comprare la frutta per rivenderla nel rione, ma per fare il fruttivendolo ci voleva l’attrezzatura, e Tonino aveva la macchina, levò i dvd, ci caricò la frutta. Decise di lasciar perdere definitivamente con il commercio. Provò a fare l’imbianchino nelle case, quando usciva il lavoretto andava, non si tirava mai indietro. Oggi fa l’autista di camion. E poi poteva sempre fare il muratore, mi aveva detto nel retro di un bar del suo rione, mentre il figlio più grande l’ascoltava composto. Tonino aveva imparato il mestiere di muratore, poi aveva rifornito mezza Napoli di film, e senza neppure volerlo, un mondo si era aperto davanti al suo sguardo meravigliato e degno. Ma alla fine aveva concluso rammaricato dicendo che questa città non ti da niente. Tu puoi tenere tutte le idee che vuoi. Però non ti da niente. (ab) [da NapoliMonitor.it]

domenica 3 giugno 2012

Jìgì



















Come sei bella più bella stasera mariú!
 Splende un sorriso di stella negli occhi tuoi blu!
 Anche se avverso il destino domani sarà
 Oggi ti sono vicino, perche sospirar? Non pensar!
 Parlami d'amore, mariù!
 Tutta la mia vita sei tu!
 Gli occhi tuoi belle brillano
 Fiamme di sogno scintillano
 Dimmi che illusione non è
 Dimmi che sei tutta per me!
 Qui sul tuo cuor non soffro più
 Parlami d'amore, mariù!
 Parlami d'amore Parlami d'amore Parlami d'amore, mariù!