giovedì 10 gennaio 2013

i nuovi credenti

Ranieri mio, le carte ove l’umana
Vita esprimer tentai, con Salomone
Lei chiamando, qual soglio, acerba e vana,
Spiaccion dal Lavinaio al Chiatamone,
Da Tarsia, da Sant’Elmo insino al Molo,
E spiaccion per Toledo alle persone.
Di Chiaia la Riviera, e quei che il suolo
Impinguan del Mercato, e quei che vanno
Per l’erte vie di San Martino a volo;
Capodimonte, e quei che passan l’anno
In sul Caffè d’Italia, e in breve accesa
D’un concorde voler tutta in mio danno,
S’arma Napoli a gara alla difesa
De’ maccheroni suoi; che a’ maccheroni
Anteposto il morir, troppo le pesa.
E comprender non sa, quando son buoni,
Come per virtù lor non sien felici
Borghi, terre, provincie e nazioni.
Che dirò delle triglie e delle alici?
Qual puoi bramar felicità più vera
Che far d’ostriche scempio infra gli amici?
Sallo Santa Lucia, quando la sera
Poste le mense, al lume delle stelle,
Vede accorrer le genti a schiera a schiera,
E di frutta di mare empier la pelle.
Ma di tutte maggior, piena d’affanno,
Alla vendetta delle cose belle
Sorge la voce di color che sanno,
E che insegnano altrui dentro ai confini
Che il Liri e un doppio mar battendo vanno.
Palpa la coscia, ed i pagati crini
Scompiglia in su la fronte, e con quel fiato
Soave, onde attoscar suole i vicini,
Incontro al dolor mio dal labbro armato
Vibra d’alte sentenze acuti strali
Il valoroso Elpidio; il qual beato
Dell’amor d’una dea che batter l’ali
Vide già dieci lustri, i suoi contenti
A gran ragione omai crede immortali.
Uso già contro il ciel torcere i denti
Finchè piacque alla Francia; indi veduto
Altra moda regnar, mutati i venti,
Alla pietà si volse, e conosciuto
Il ver senz’altre scorte, arse di zelo,
E d’empio a me dà nome e di perduto.
E le giovani donne e l’evangelo
Canta, e le vecchie abbraccia, e la mercede
Di sua molta virtù spera nel cielo.
Pende dal labbro suo con quella fede
Che il bimbo ha nel dottor, levando il muso
Che caprin, per sua grazia, il ciel gli diede,
Galerio, il buon garzon, che ognor deluso
Cercò quel ch’ha di meglio il mondo rio;
Che da Venere il fato avealo escluso.
Per sempre escluso: ed ei contento e pio,
Loda i raggi del dì, loda la sorte
Del gener nostro, e benedice Iddio.
E canta, ed or le sale, ed or la corte
Empiendo d’armonia, suole in tal forma
Dilettando se stesso, altrui dar morte.
Ed oggi del suo duca egli su l’orma
Movendo, incontro a me fulmini elice
Dal casto petto, che da lui s’informa.
Bella Italia, bel mondo, età felice,
Dolce stato mortal! grida tossendo
Un altro, come quei che sogna e dice;
A cui per l’ossa e per le vene orrendo
Veleno andò già sciolto, or va commisto
Con Mercurio ed andrà sempre serpendo.
Questi e molti altri che nimici a Cristo
Furo insin oggi, il mio parlare offende,
Perchè il vivere io chiamo arido e tristo.
E in odio mio fedel tutta si rende
Questa falange, e santi detti scocca
Contra chi Giobbe e Salomon difende.
Racquetatevi, amici. A voi non tocca
Delle umane miserie alcuna parte;
Che misera non è la gente sciocca.
Nè dissi io questo, o se pur dissi, all’arte
Non sempre appieno esce l’intento, e spesso
La penna un poco dal pensier si parte.
Or mia sentenza dichiarando, espresso
Dico, ch’a noia in voi, ch’a doglia alcuna
Non è dagli astri alcun poter concesso.
Non al dolor, perchè alla vostra cuna
Assiste, e poi su l’asinina stampa
Il piè per ogni via pon la fortuna.
E se talor la vostra vita inciampa,
Come ad alcun di voi, d’ogni cordoglio
Il non sentire e il non saper vi scampa.
Noia non puote in voi, ch’a questo scoglio
Rompon l’alme ben nate; a voi tal male
Narrare indarno e non inteso io soglio.
Portici, San Carlin, Villa Reale,
Toledo, e l’arte onde barone è Vito (*),
E quella onde la donna in alto sale,
Pago fanno ad ogni or vostro appetito,
E il cor, che nè gentil cosa, nè rara,
Nè il bel sognò giammai, nè l’infinito.
Voi prodi e forti, a cui la vita è cara,
A cui grava il morir; noi femminette,
Cui la morte è in desio, la vita amara.
Voi saggi, voi felici: anime elette
A goder delle cose: in voi natura
Le intenzioni sue vede perfette.
Degli uomini e del ciel delizia e cura
Sarete sempre, infin che stabilita
Ignoranza e sciocchezza in cor vi dura:
E durerà, mi penso, almeno in vita.


(*) Celebre venditore di sorbetti, che divenuto ricco, comperò una baronia, e fu domandato il barone Vito. | Nota dell’E. [= Antonio Ranieri]