martedì 16 novembre 2010

ahi tu notte, perchè tanto scompiglio?


Amico mio, amico mio,
Sono molto molto malato.
Non so io stesso donde provenga questo male.
Se sia il vento a fischiare
Sulla vuota e deserta campagna,
o se l’alcool sconvolga i cervelli
come un boschetto a settembre.

La mia testa sventola le orecchie,
Come un uccello le ali.
Non ha più la forza
Di dondolarsi sul collo.
Un uomo nero,
Nero, nero,
Un uomo nero
siede sul mio letto,
Un uomo nero
Non mi fa dormire tutta la notte.
un uomo nero
muove il dito sul libro abominevole
E, con voce nasale,
Come monaco sopra un defunto,
Mi legge la vita
Di un furfante e ubriacone,
incutendo nell’anima angoscia e sgomento.
un uomo nero
Nero, nero...

«Ascolta, ascolta mi, -
va borbottando, -
ci sono nel libro molteplici
piani e pensieri bellissimi.
abitava quell’uomo
nella contrada
Dei più tremendi
Teppisti e ciarlatani.

A dicembre in quella contrada
La neve è diabolicamente pura,
E le bufere mettono in moto
allegre conocchie.
era quell’uomo un avventuriero,
Ma della specie migliore
più alta.
era elegante,
E per di più poeta,
benché di una forza non grande,
ma spigliata,
Ed una certa donna,
di quarant’anni e passa,
la chiamava puttanella
E insieme sua diletta».

«La felicità – egli diceva,–
È destrezza di mente e di mani.
Tutte le anime maldestre
ebbero sempre fama di infelici.
Non per nulla,
Se molti tormenti
arrecano i testi
ambigui e bugiardi.
fra tempeste e bufere,
Nel gelo della vita quotidiana,
Nelle perdite gravi
E nelle tristezze,
mostrarsi sempre sorridenti e semplici –
È l’arte suprema nel mondo».

«Uomo nero!
tu non osi altrettanto!
Che m’importa della vita
Di un poeta scandaloso.
leggi ad altri
ti prego
il tuo racconto-

L’uomo nero
Mi guarda fissamente.
E gli occhi gli si coprono
Di un vomito azzurro,
quasi volesse dirmi,
Che sono un ladro e un furfante,
Che impudente e spavaldo
qualcuno ha derubato.
………………………
Amico mio, amico mio
Sono molto molto malato.
non so io stesso donde provenga questo male.
Se sia il vento a soffiare
Sulla vuota e deserta campagna,
o se l’alcool sconvolga i cervelli
come un boschetto a settembre.

[Notte di gelo...
La pace al bivio è silenziosa
Sto solo alla finestra,
Non aspetto né amico né ospite
Tutta la pianura è ricoperta
Di una calce friabile e molle,
E gli alberi, come cavalieri,
Sono a raduno nel nostro giardino.
Da qualche parte piange
Un uccello notturno malefico.
I cavalieri di legno
Seminano un rumore di zoccoli].
l’uomo nero ancora
togliendosi il cilindro
getta il soprabito con non curanza
viene a sedersi sulla mia poltrona.

«Ascolta, ascolta! –
Mi fa con voce sgradevole, fissandomi in viso,
e si piega sempre più vicino. –
io non ho mai, visto mai
nessun furfante
Soffrire d’un’insonnia
così stupida
e vana.

Ah, supponiamo io mi sia sbagliato!
stanotte c’è la luna.
Di che altro ha bisogno
Questo piccolo mondo ubriaco di sonnolenza?
Forse, con le sue grosse cosce
“Lei” verrà di nascosto,
E tu le leggerai
La tua languida lirica sfiatata?

Ah, io amo i poeti!
razza divertente.
ritrovo sempre in loro sempre
Una storia al cuore ben nota,
Come una studentessa pustolosa
E un mostro dai lunghi capelli
Che le parla del cosmo,
grondando languore sessuale.

Non so, non ricordo,
In un villaggio,
Forse, a Kaluga,
ma forse anche a Rjazan’,
In una semplice famiglia contadina,
viveva un ragazzo
di gialla chioma,
Con gli occhi azzurri…
E divenne adulto,
E per di più poeta,
benché di una forza
non grande ma spigliata
Ed una certa donna,
di quarant’anni e passa
che egli chiamava puttanella,
E insieme sua diletta».

«Uomo nero!
sei un ospite pessimo.
Questa fama
Da tempo ti circonda».
vado in collera, fuori di me,
il bastone mi vola diritto
sul suo muso,
alla radice del naso…
……………………………
… La luna è morta,
alla finestra intiepidisce l’alba.
Ah tu, notte!
perché tanto scompiglio?
Me ne sto qui col mio cilindro.
con me non c’è nessuno.
Sono solo…
nello specchio
infranto…

- Sergej Esenin