Amico mio
io stesso non so da dove mi venga questo male.
Forse è il vento che sibila
Sul campo vuoto e deserto,
o forse è l’alcool che sgretola il cervello.
Notte di gelo
La pace al bivio è silenziosa
Sto solo alla finestra,
Non aspetto né amico né ospite
Tutta la pianura è ricoperta
Di una calce friabile e molle,
E gli alberi, come cavalieri,
Sono a raduno nel nostro giardino.
Da qualche parte piange
Un uccello notturno malefico.
I cavalieri di legno
Seminano un rumore di zoccoli.
Ecco di nuovo questa cosa nera
Che siede sulla mia poltrona,
Solleva un po’ il suo cilindro
E incurante butta all’indietro le falde del pastrano.
Uomo nero.
«Ascolta, ascolta! –
Mi fa con voce sgradevole, guardandomi in faccia,
Ancora più vicino
Ancora più vicino mi si inchina. –
Non avevo mai visto che qualche
Delinquente
In modo così inutile e sciocco
Soffrire d’insonnia.
Ah, forse mi sono sbagliato!
Perché adesso c’è la luna.
Di che cosa ancora ha bisogno
Questo piccolo mondo mezzo addormentato?
Forse, con le sue grosse cosce
“Lei” verrà di nascosto,
E tu le leggerai
La tua fiacca lirica ormai sfiatata?
«Uomo nero!
sei un ospite pessimo.